martedì 8 febbraio 2011

IL RAPPORTO ITALIA A DUE VELOCITA' Crescono gli emigranti, 700 mila dal Sud al Nord

Napolitano: «Lo squilibrio deve essere corretto»

ROMA - Le valigie di cartone non ci sono più ma i numeri sono sempre quelli. Solo nel 2008 sono stati 122 mila gli italiani che si sono trasferiti dal Sud al Nord del Paese in cerca di lavoro. Un numero in leggera crescita rispetto all' anno precedente, quando erano stati 116 mila, ma sostanzialmente stabile rispetto al passato. Certo, c' è anche chi torna indietro: sempre nel 2008 altre 56 mila persone hanno fatto il percorso inverso rientrando nel Mezzogiorno magari per godersi la pensione. Ma non compensano nemmeno la metà di quel flusso inarrestabile che da anni svuota i paesini di Campania e Sicilia per affollare le città di Lombardia e Veneto. Un flusso inarrestabile Negli ultimi 11 anni, considerando partenze e rientri, il Sud ha perso a favore del Nord 700 mila persone. Come se a fare le valigie fosse stata l' intera città di Genova con l' aggiunta di La Spezia. Se risaliamo le tabelle e torniamo indietro fino al 1955, superiamo addirittura i 4 milioni. Questa volta a fare le valigie sarebbero gli abitanti di Milano e Roma messe insieme. E questo considerando solo chi cambia residenza e non i cosiddetti pendolari a lungo raggio: persone che conservano la residenza a Napoli o Palermo ma lavorano al Nord o all' estero. E tornano a casa, dove magari hanno lasciato la famiglia, un paio di volte al mese. Sempre nel 2008 questi pendolari a lungo raggio sono stati 173 mila. E anche loro sono in crescita rispetto all' anno precedente, di oltre il 15%. Un Paese spaccato Di questione meridionale si parla da quasi 150 anni, la prima volta in Parlamento nel 1873 quando l' unità d' Italia era ancora fresca. Ma il «Rapporto sull' economia del Mezzogiorno 2009» presentato ieri dallo Svimez, l' Associazione per lo sviluppo dell' industria del Mezzogiorno, dimostra che siamo ancora fermi lì: un «Paese spaccato in due sul fronte migratorio», scrivono i ricercatori. Con un «Centro Nord che attira e smista flussi al suo interno» ed un Sud che «che espelle giovani e manodopera senza rimpiazzarli». Due Paesi in uno, un' immagine che preoccupa il capo dello Stato: «Deve crescere nelle istituzioni così come nella società - dice Giorgio Napolitano - la coscienza che il divario tra Nord e Sud deve essere corretto». E questo vuol dire che una «prospettiva di stabile ripresa del processo di sviluppo deve essere fondata sul superamento degli squilibri territoriali». Fuori dalla crisi senza più persone costrette a lasciare la loro terra per lavorare. Ma l' emigrazione non è che il risultato di un Paese che viaggia a due velocità. In tutto. Il Pil è un indicatore troppo freddo per cogliere le differenze: nel 2008 è sceso dell' 1 per cento al Centro Nord e solo un po' di più, 1,1 per cento, al Sud. Ma sono sette anni di fila che c' è questa differenza, nel dopoguerra non era mai successo. I dati sull' occupazione già aiutano di più: nel 2008 il numero degli occupati è salito di 217 mila unità al Nord ed è sceso di 34 mila al Sud. Nella classe d' età fra i 15 ed i 24 anni la disoccupazione è arrivata al 14,5 per cento al Nord e addirittura al 33,6 al Sud. Troppa burocrazia Di infrastrutture neanche a parlarne: al Sud c' è una sola autostrada a tre corsie, il 7,8 per cento delle linee ferroviarie ad alta velocità. Ed anche l' acqua è un guaio serio: gli acquedotti sono ridotti così male che in Puglia se ne perde lungo le tubature addirittura il 46 per cento. La metà di quella messa in rete, contro una media nazionale che comunque è di un terzo. Anche per la pubblica amministrazione sono dolori: è vero che in Italia per progettare e affidare i lavori di una grande opera servono in media 900 giorni. Ma si va dai 583 giorni della Lombardia ai 1.100 della Campania, fino ai 1.582 della Sicilia. Più di quattro anni. Meno investimenti Non è un caso che proprio al Sud gli investimenti industriali siano scesi molto più che nel resto del Paese: del 2,1 per cento annuo dal 2001 al 2008, contro lo 0,6 per cento delle regioni settentrionali. E non sorprende nemmeno che sempre nel Mezzogiorno le famiglie abbiano ridotto i consumi più che altrove: meno 1,4 per cento contro meno 0,9. È vero, in ogni Paese ci sono zone ricche e zone povere, ma il guaio vero è che da noi questo solco si allarga sempre più. Dal 1995 al 2005 le nostre regioni meridionali sono sprofondate nella classifica europea della ricchezza, perdendo in media una trentina di posizioni e andandosi a piazzare tra il 165/mo e il 200/mo posto su un totale di 208. In quel periodo le altre aree deboli dell' Unione europea sono cresciute del 3 per cento l' anno, il nostro Mezzogiorno solo dello 0,3. Ci sono anche dati in controtendenza, ad esempio sull' export: nel 2008 le merci vendute all' estero dalle regioni del Sud sono cresciute del 3,2 per cento, grazie soprattutto ai derivati del petrolio, contro un calo dello 0,6 per cento nel resto del Paese. Ma è solo un' eccezione. La regola è sempre quella, la valigia pronta. Lorenzo Salvia I dati Il rapporto Il documento dello Svimez (associazione per lo sviluppo dell' industria del Mezzogiorno) fotografa le differenze economiche fra Nord e Sud Il numero Fra le cifre più significative spicca il fatto che negli ultimi 11 anni il numero dei residenti al Sud è diminuito di 700 mila Burocrazia È stato calcolato che per affidare i lavori di una grande opera servono in media 583 giorni in Lombardia, 1.582 in Sicilia Lavoro Per i giovani fra i 15 e i 24 anni il tasso di disoccupazione è al 14,5% al Centro-nord, 33,6% al Sud

Salvia Lorenzo

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